Fu inventato da K.L.Planté nel 1856 e perfezionato da Fauve nel 1880: Esso è costituito da due serie di lastre di piombo alternate ed immerse in una soluzione di acido solforico. Le due lastre per effetto dell’immersione si ricoprono di un leggero strato di solfato di piombo PbSO4.
Carica
Si collegano le due piastre con un generatore di corrente continua P: A con il polo positivo, B con quello negativo. Nella soluzione gli ioni H+ migrano verso B mentre gli ioni SO42- vanno verso A. L’accumulatore si comporta come una cella elettrolitica, il piombo Pb2+ si ossida a Pb4+ al polo positivo (torna cioè a PbO2) ed il Pb2+ si riduce a Pb al polo negativo. Si svolgono le due reazioni:
Polo positivo

e Polo negativo:

cioè in A si forma ossido di piombo e in B piombo metallico. In questa fase l’energia elettrica del generatore si accumula come energia chimica: l’accumulatore si comporta come un voltametro.
Scarica
Si sostituisce al generatore una resistenza. Si nota un passaggio di corrente di senso contrario a quella di carica: l’accumulatore funge da generatore di corrente continua. Esso restituisce sotto forma di energia elettrica l’energia chimica che aveva accumulato in fase di carica e gli ioni migrano in senso inverso. Al polo positivo il piombo si riduce da Pb4+ a Pb2+ (PbSO4) e le reazioni sono:
Polo positivo:

Polo negativo:

e quindi le due lastre riprendono la loro struttura iniziale e viene a cessare la corrente di polarizzazione.
Le piastre positive e negative, spaziate da spessori di materiale poroso, sono poste assai vicine per diminuire la resistenza interna dell’accumulatore (circa 10-3 O per un buon accumulatore) e sono immerse nella soluzione acquosa di H2SO4 che è circa al 30% in peso.
Alla fine della carica la f.e.m. dell’accumulatore raggiunge i 2,2 volt per elemento e scende rapidamente a 2 volt durante il funzionamento e si mantiene attorno a questo valore sin quasi alla fine della scarica.
Si definisce capacità di un accumulatore la quantità di elettricità che esso può fornire durante la scarica, nel caso di un accumulatore al piombo essa si aggira attorno ai 30 watt-ora per Kg di peso. Usualmente la capacità di un accumulatore viene data in ampere-ora, valore questo che indica l’intensità di corrente che l’accumulatore può fornire nella scarica se questa durasse un ora. Per la buona conservazione di un accumulatore al piombo però è consigliabile non superare, sia nella carica che nella scarica, un amperaggio pari a 1/10 del valore della capacità dell’accumulatore dato in amperora.
Si dice rendimento di corrente di un accumulatore il rapporto tra il numero dei coulomb erogati nella scarica ed il numero dei coulomb assorbiti durante la carica: tale rendimento è di poco inferiore al 90 %.
Si definisce rendimento energetico il rapporto tra il numero di watt-ora ottenuti nella scarica ed il numero di watt-ora impiegati nella carica. Tale rendimento si aggira attorno all’ 80 %.
Durante il processo di scarica la d.d.p. dell’accumulatore diminuisce, ma essa non deve farsi scendere al di sotto di 1,8 volt per elemento per non danneggiare l’accumulatore; infatti il PbSO4 che si forma durante la scarica sulle piastre è un sale poco solubile che resta aderente agli elettrodi sotto forma di particelle piccolissime; se la scarica dell’accumulatore viene prolungata troppo, si formano grossi granuli di PbSO4 che non reagiscono più nel successivo processo di carica e che quindi provocano una definitiva diminuzione di capacità dell’accumulatore (solfatazione dell’accumulatore).
Durante la carica dell’accumulatore è necessario non superare il valore di 2,2 volt perché superandolo si ha elettrolisi dell’acqua con formazione di H2 ed O2 (l’accumulatore bolle) col doppio inconveniente di sciupare energia elettrica e di disgregare le placche, perché il gas, sviluppandosi, tende a staccare granuli piccolissimi di materiale attivo (Pb, PbO2).